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Il percorso fotografico di Luca Grasselli è fatto più di sottrazioni, che di acquisizioni.

Originario della provincia emiliana, classe 1967, Luca Grasselli comincia a fotografare fin da bambino con una mitica Kodak 44 Instamatic, precoci sperimentazioni e anni di ricerca e studio gli permettono di intraprende presto la strada professionale nei settori della moda e della pubblicità. Un bagaglio tecnico e di esperienze indispensabile, ma non in grado di esaurire l’esigenza di esprimersi nella visione artistica che si traduce in molti dei suoi progetti di street-photography.

Luca Grasselli imposta un dialogo a distanza con i suoi soggetti, appropriandosi della vita altrui per completare la propria. Le foto ci mostrano un momento di transito tra un prima e un dopo che l’autore reinventa e fa suo.

Lo sguardo dell’autore è da innamorato della fotografia, le sue visioni istintive si traducono in una poetica spontanea, non immagini urlate ma sussurrate, colte non con gli occhi e la mente, ma con gli occhi e il cuore.

l’autore

Era la primavera del 1985 quando mi decisi a fare quella telefonata.

Nei giorni precedenti avevo cercato i numeri di alcuni studi di fotografia e quello di Claudio Zavaroni mi era apparso accessibile.

Io ero poco più che un ragazzino, alle sue domande, nel nostro primo incontro, risposi per lo più improvvisando... che ne sapevo io di come si “sbobinassero” le pellicole o di come si attrezzasse un set! Non avrebbe potuto certo pagarmi, ma alla fine accettò di prendermi come assistente... per la verità io sarei stato solo il supplente dell'assistente!

Carico di entusiasmo approdai allo studio sulla mia vespa, la stessa che, pochi giorni dopo, avrei usato per “distrarre” le modelle in attesa che il loro servizio fotografico fosse pronto; l'assistente faceva anche questo.

Quel periodo al fianco di un professionista mi fece rapidamente crescere nella tecnica e in quella capacità, che ancora oggi considero un talento fondamentale per chi fotografa: cogliere l'istante.

Al di là della messa a fuoco, dell'esposizione, dell'inquadratura; catturare l'istante giusto, percepire l'attimo prima che abbia seguito, ecco, questo, in una definizione riassume qualunque merito.

Di certo però si era già formata attraverso quel turbine di esperienze, un'altra componente sostanziale nel mio modo di catturare il tempo, si era delineata ormai infatti “ la visione” del mio carattere fotografico.

il percorso

Ritrovavo nelle immagini che scattavo quasi automaticamente, quei modi gentili già visti nelle opere di Robert Doisneau e Willy Ronis, ero così attratto dal cogliere, rubare, quasi strappare via, frammenti di vita dei miei soggetti. Era un po' come se entrando in un contatto fisico, intimo col soggetto ne potessi rubare l'anima e la forza che non mi appartenevano. 

Così ogni momento diventava un relazione una storia, quell'istante magicamente scolpito sulla celluloide dalla luce, non restava più un tratto bidimensionale ma faceva parte di me, per sempre. 

Da autori come Sebastiao Salgado o Gianni Bordengo Gardin ho appreso il valore documentale ed evocativo dell'espressione fotografica, altri come Donal Moloney o Helmut Newton's mi hanno trasmesso la forma e la tecnica di questa comunicazione. Le loro influenze sono state determinati per avvicinarmi a quello che risiedeva dentro di me; ma è dal cinema che è arrivato lo stimolo verso la maturazione artistica e la consapevolezza definitiva. 

“Der Himmel über Berlin” dell''87 di Wim Wenders fu per me un'esperienza sconvolgente, “La Double Vie de Véronique” dell''91 di Krzysztof Kieślowski, e poi la scoperta di autori come Pedro Almodóvar e François Ozon. Compresi dai loro lavori che la mia fotografia poteva essere davvero narrativa, lo scatto era solo l'epilogo, la sintesi, la provocazione per estrarre un racconto, un vissuto, un modo per dilatare il tempo e renderci immortali. 

Infine l'incontro con quello che per me è il sublime lavoro di Anders Petersen e Jürgen Baldiga, il vero genio, l'accompagnamento verso un nuovo punto di vista; l'esperienza visiva inedita, ciò che riesce a spostare la mente, ad aprirla verso una nuova interpretazione possibile. L'archetipo che riesce a rendere percepibile e tangibile la nova “visione”, la modulazione di un pensiero sconosciuto, attraente ed inevitabile, un trasporto tra sensazioni oniriche ed oblio. 

i riferimenti

Tra le produzioni:

con edizioni LUCERNAFILM: 

Berlino Anovantagradi-1990, Le voci di Ampandratokana-1991, Passanti-1993


con edizioni EDICTA:

Istantaneo 2001, Riflessi Incondizionati 2003,, Incerto Movimento 2007


con edizioni ILMIOLIBRO:

Nonritorno-2014, Recover-2015, Superstizioni Superstiti 2021

Direct Contact: +39 3474415338

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